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I CERCHI NELLO STAGNO

 

Capitolo 1

           

            La notte era arrivata improvvisamente dopo un acquazzone. Andrea era stato di malumore tutto il giorno, forse condizionato dalla cappa grigia delle nuvole. Si era diretto verso la stazione e aveva camminato a lungo per le strade appena illuminate della periferia della città. Osservava attentamente le donne appoggiate al muro e al palo del lampione, una gamba piegata in modo da ridurre la minigonna ad una striscia per mostrare le gambe lunghe e affusolate. Nella tasca interna della giacca nascondeva un tagliacarte dorato, affilato come un coltello.

            Svoltato l’angolo, dove il buio era più fitto, gli sembrò di scorgere una figura familiare. Una donna dai capelli biondi si era curvata verso il finestrino di una macchina; aprì lo sportello e salì sulla Mercedes nera che sparì velocemente dietro la curva. Una sensazione di ansia e di nausea lo assalì. Si affrettò verso la sua macchina per prendere il cellulare, compose il numero ma si arrestò prima che il telefono squillasse. Era proprio Cristina? Si sarebbe certamente arrabbiata se l’avesse svegliata a quell’ora! Pensò di inseguire la macchina che si era diretta verso la circonvallazione. Troppo tardi! Non avrebbe potuto raggiungerla. Decise di chiedere alle altre se quella fosse davvero Cristina.

            L’orologio di una chiesa vicina cominciò a battere la mezzanotte. Contò tutti i rintocchi, prima mentalmente, poi canticchiando: “Alle otto uno sbadiglio, alle nove nel giaciglio, alle dieci sogni il mare, alle undici ti perdi tra gli scogli e le lampare…

            Non ricordava più il seguito. Quella filastrocca era rimasta nella sua memoria ma non riusciva a ricordare quando l’aveva imparata, né da chi. Ritornava nei momenti più strani e lo calmava quando l’ansia diventava troppo grande.

            Si avvicinò ad una ragazza dai lunghi capelli scuri che faceva dondolare la borsetta quasi a cerchio.

            -Ciao bel ragazzo!

            - Buona sera signorina.

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    - Mm, mi piacciono i gentiluomini. Posso aiutarti? disse quella con un sorriso provocante.

            - Volevo la bionda che stava qui un momento fa.

            - La Veronica! Conosco anch’io gli stessi trucchi.

            - No grazie. Preferisco aspettare.

            - Ti piacciono le bionde, disse quella rassegnata. Sei però sfortunato, il cliente con cui è andata passa con lei tutta la notte nella sua casa di campagna. Anche lui vuole solo lei.

            - Grazie.    

            Si allontanò tranquillizzato. Come aveva potuto pensare che quella fosse Cristina?

            Si recava in quella zona per sfuggire alla morsa della solitudine, quando provava una tristezza profonda e inspiegabile che lo trascinava sempre più al fondo della sua depressione. Cercava rifugio e conforto nell’oscurità di quelle strade di periferia e nel contatto con una sconosciuta. Osservava le prostitute con cura e poi sceglieva quella che si avvicinava di più all’immagine che aveva costruito durante le sue fantasie. La portava in macchina fuori città e nel buio dell’abitacolo le faceva fare le cose più bizzarre per assopire i desideri che lo perseguitavano. Sperava sempre di riprodurre l’estasi che aveva provato ad Erice con Giuliana, la donna che non riusciva a dimenticare, che aveva spinto al confine tra la morte e la vita. Si chiedeva sempre più insistentemente se fosse davvero necessario arrivare a quel punto estremo per raggiungere l’unione perfetta con un altro essere.

            Quelle che non corrispondevano al suo ideale lo infastidivano e quando una gli sorrideva maliziosamente e lo invitava strizzando l’occhio e leccandosi le labbra con la punta della lingua, si sentiva invadere dalla rabbia. Serrava forte il tagliacarte e biascicava delle parole incomprensibili per esorcizzare le voci che risuonavano nella sua testa. Meno male che le note della nenia-filastrocca ritornavano al momento giusto ed erano riuscite sempre a calmarlo, proprio come una ninna nanna rende più quieti i bambini. Che cosa avrebbe potuto fare se non avesse avuto quel freno? Il pensiero lo rendeva inquieto.

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     Dopo ogni relazione sessuale sentiva l’obbligo di confessarsi. Nascosto dietro la grata di legno perforato, si sentiva protetto dal segreto della confessione; si batteva il petto sperando di sfuggire al castigo divino e alle voci che, insistenti, ritornavano sempre più minacciose nella sua mente. Aveva molti dubbi in proposito, ma la ripetizione del rito lo faceva sentire più calmo. La lotta tra il desiderio subcosciente e la ragione lo torturava e cercava di trovare l’equilibrio con l’aiuto di mezze confessioni, di allusioni e di verità sottintese. Non credeva più alla morale che gli era stata inculcata durante la sua fanciullezza e più tardi al seminario. Accusarsi dietro la finestrella per riguadagnare il valore che credeva di aver perduto nel peccato, era una necessità che rimaneva a residuo delle antiche credenze. Aveva infine deciso di rivolgersi ad una psicologa.

            Non aveva ancora avuto l’occasione di esaminare con lei questo suo comportamento ma presto o tardi avrebbe dovuto farlo. Quelle passeggiate notturne lo avevano reso più cosciente della gravità dei suoi problemi. Non aveva osato menzionare il tagliacarte e la volta che Cristina gli aveva chiesto dove si fosse procurato i tagli alle mani, aveva risposto con un vago “al lavoro”.

            Ritornò a casa e accese il computer. Doveva scrivere una lettera a Cristina, confessarle il suo amore, le sue paure, chiederle aiuto.

“Carissima Cristina,

Luce cara della mia notte che credevo senza fine, dei miei occhi. Speranza mia, scoglio sicuro nel mio mare in tempesta, ti ho atteso da un’eternità.”

            - No, questo tono romantico non mi piace. Ricominciò.

“Cristina,

Questa sera mi sono perso ancora una volta nella strada buia dei miei desideri, ti ho cercata e credevo di averti trovata. Ma non eri tu.”

            Doveva dirle che aveva creduto di averla vista tra le ragazze della stazione? Decise di no, l’aveva già scossa con la storia di Giuliana e non voleva alienarla di più.

 

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“Ti vedo in ogni donna che incontro.

Ti prego di leggere questa mia confessione senza meravigliarti. Tu sai che ho sofferto molto e sei la sola che può darmi la forza di continuare a sperare.

Non sarà facile per te accettare il mio amore ed è ancora più difficile per me esprimerlo. Ti scrivo perché non sarei capace di pronunciare queste parole quando tu mi guardi.

            Si fermò e rilesse varie volte quelle frasi, fino a quando la scrittura diventò una serie di macchie nere sfuocate. Aveva dubitato di lei e ora si sentiva in colpa. Cercava di esprimere tutta la sua passione scrivendo su quello schermo luminoso.

            Quando finì, si chiese se doveva spedirla subito oppure aspettare che i loro incontri facessero crescere in lei quel sentimento che in lui era già una fiamma che lo divorava. Cristina l’avrebbe letta l’indomani mattina, cominciava sempre la giornata con la lettura del corriere elettronico, un rito che nascondeva un desiderio. Aspettava forse il messaggio di un amante segreto? Si sentì invadere dalla gelosia, ma riuscì a frenarla prima che questa potesse avere il sopravvento sulle sue emozioni; l’ansia e l’inquietudine che generava lo avrebbero spinto ad uscire di nuovo alla ricerca di sensazioni forti, tali da poter colmare il vuoto in cui sprofondava.

            La immaginò fuori del letto, dove passava le notti assieme al marito, la vide entrare nello studio, sedersi al computer e aprire la rubrica della posta elettronica. Quando gli aveva confessato quest’abitudine, aveva notato una traccia di ansia in lei ed era sicuro che la preoccupazione di andare ad osservare lo schermo per cercarvi un messaggio fosse un rito, come l’acqua benedetta alle entrate delle chiese, che le permetteva di liberarsi dagli incubi che forse la tormentavano durante la notte. Aveva un motivo e lui lo avrebbe scoperto.

Rilesse la lettera per l’ennesima volta. Insoddisfatto aggiunse:

 “Sono sicuro che anche tu provi lo stesso sentimento, un affetto che ancora non riesci ad accettare, ma che col tempo vedrai trasformarsi in amore. Sento che hai fiducia in me come io ho fiducia  nelle tue parole,  dai  primi  istanti quando avevo paura di

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guardarti  negli  occhi,  fino  ai momenti in cui non ti ascoltavo più, perché la mia mente si perdeva nella tua.

Lo hai sentito anche tu questo fondersi dei nostri pensieri, quest’appartenenza alla catena, proprio come degli anelli, legati per sempre?

IO TI AMO!!!

            Fremette al pensiero di avere Cristina tra le braccia e si lasciò andare alle più sfrenate fantasticherie, fino a quando il suo corpo esausto e pago, gli permise di finire la lettura.

“Tuo per sempre

Aspide”

            Cliccò il mouse, immaginò la velocità delle parole che a gruppi passavano dal disco al filo del telefono, poi s’imprimevano nei circuiti di un altro computer, senza possibilità di poterle cancellare.

            Erano stati gli occhi di Cristina che avevano cominciato tutto, lo avevano spogliato delle barriere che aveva eretto durante i suoi lunghi anni di pena e ricerca. Le era bastata una seduta, tre quarti d’ora!, per abbattere tutte le barriere. Si era arreso senza opporre resistenza, si era lasciato andare come una barca in un oceano in tempesta. Si era poi appigliato alla mano che lei gli tendeva, ne aveva bevuto le parole assetato, come se fossero la Verità; si era sentito accusato, respinto, infine accettato con tutti i suoi dubbi e le sue paure. Era stato proprio quel sentimento che aveva preso il sopravvento su tutti gli altri e se n’era andato, alla fine della prima seduta, convinto che aveva trovato la donna che cercava.

            Aveva atteso il secondo incontro con ansia, si era preparato scrivendo quello che avrebbe voluto domandarle, aveva indossato il vestito Principe di Galles, una camicia blu scuro, la cravatta a disegni romboidali rosso bordò e qualche puntino giallo. Da allora non aveva più pensato ad altro che a lei e i loro incontri gli avevano aperto una strada nuova, che non conosceva e che lo spaventava ed esaltava allo stesso tempo. Ora era arrivato il momento per farle capire tutto quello che lui provava e farle scoprire  tutte  le  ricchezze  che  aveva   conservato   per  lei.  Era

 

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bastata l’immagine della donna che saliva sulla Mercedes nera per farlo decidere.

“Cristina, tu che hai riacceso in me la speranza, fai di me quello che vuoi, io sono pronto, modellami con le tue mani, con le tue parole.”

            Si ricordò della melodia che lo calmava. Chiuse gli occhi per cercare di ricordare i tratti del suo viso. Non riuscì però ad immaginarla, vedeva solo lo sguardo penetrante e incuriosito della volta in cui le aveva confessato l’avventura con Giuliana, quella che aveva svegliato i demoni della passione associata alla morte.

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